Con il termine “disbiosi” viene descritta una generica alterazione di quella che una volta era chiamata flora batterica intestinale.
Se sono interessate altre aree, si parla di disbiosi vaginale, orale o cutanea, ma in quest’articolo parleremo di disbiosi intestinale.
Alla disbiosi sono imputati sintomi a carattere intestinale e non solo, per esempio gonfiore, stitichezza, forme di diarrea e malessere generale.
Primi indizi
Come abbiamo detto in altri articoli, il microbiota è in diretta relazione con stile di vita, abitudini alimentari e ambiente in cui si vive: perciò siamo noi stessi a selezionare, quasi senza saperlo, chi ospitiamo nel nostro apparato digerente.
Se trascurata, la disbiosi può aggravarsi indebolendo la salute generale dell’organismo e accelerando il processo d’invecchiamento.
L’intestino s’infiamma e non è più in grado di assorbire adeguatamente i nutrienti, provocando carenze nutrizionali di minerali come il magnesio.
A ciò si sommano un affaticamento generalizzato, allergie e altri sintomi patologici.
Il microbiota insoddisfatto
Sarebbe meglio considerare la disbiosi non un’alterazione, ma una vera e propria risposta del microbiota a un modello alimentare non in sintonia con le necessità del nostro organismo. Se non soddisfiamo le esigenze delle cellule, non soddisfiamo neanche quelle del microbiota originario.
È come se, con dei piccoli segnali, il nostro microbiota cercasse di farci capire che stiamo tentando d’infilare in uno stivale numero 35 un piede che porta il 43: non è adatto a noi, non si conforma ai nostri bisogni e ci provoca anche (non pochi) fastidi.
Alla stessa maniera, se le nostre scelte alimentari non sono adatte a noi, è come se il microbiota si alterasse per il cambiamento avvenuto e cercasse di farcelo capire, di avvertirci.
Più specificatamente, la disbiosi si può considerare come la risposta del corpo/microbiota a un modello alimentare troppo ricco di:
- zuccheri raffinati e dolci;
- carne;
- cibi industriali;
- amidi;
- farmaci;
- lassativi;
- additivi alimentari;
- alcol;
- cibo in generale;
- prodotti caseari (specialmente da latte pastorizzato e animali che non vivono nei pascoli).
e allo stesso tempo povero di alimenti come:
- ortaggi;
- frutta;
- noci.
nella giusta sequenza e nella giusta quantità, provenienti da agricoltura biologica, preferibilmente da consumarsi freschi e crudi.
Stress e conflitti
Altri aspetti da non sottovalutare nelle risposte che chiamiamo disbiosi sono lo “stress” e i cosiddetti conflitti interiori.
Quando il nostro organismo risponde con i sintomi sopra elencati, da quello che abbiamo scoperto, sarebbe meglio rivedere qualcosa nel nostro stile di vita.
A mio parere la disbiosi non va curata, ma va trattata con diversi accorgimenti.
Segnali dell’organismo
Solitamente la disbiosi è il primo passo che anticipa risposte più importanti come obesità, allergie, intolleranze alimentari, patologie infiammatorie ecc.
Ancor prima della disbiosi, il nostro organismo ci invia altri segnali.
Un mio maestro di Natural Hygiene un giorno mi spiegò che la disbiosi è preceduta da sintomi che spesso vengono considerati normali, mentre in realtà ci indicano che qualcosa sta cambiando:
- astenia;
- digestioni difficili;
- piccoli bruciori;
- alitosi;
- leggera flatulenza.
Quando la disbiosi è conclamata, questi sintomi s’intensificano causando anche lo sviluppo di allergie e intolleranze alimentari, emicrania, insonnia, indolenzimenti ecc.
Valutare
Ci sono due sistemi per valutare la qualità del nostro microbiota e del nostro modello alimentare:
- abbiamo un buon microbiota quando non abbiamo bisogno di carta igienica dopo esserci scaricati e le feci, oltre a essere ben formate, hanno un odore non percettibile;
- abbiamo un buon modello alimentare quando dopo un pasto che reputiamo soddisfacente e gradevole, riusciamo a fare una corsa, nel caso ce ne fosse bisogno.
In natura i predatori possono anche mangiare così tanto da rimanere bloccati nel processo digestivo e non avere nemmeno la forza di muovere un muscolo.
Gli animali che consideriamo prede, invece, non mangiano mai così tanto da non poter scappare, in caso di emergenza.
Stress
Oggi lo stress colpisce tutti indistintamente, dal bambino all’anziano passando per giovani e adulti.
La conseguenza più evidente dello stress è l’interruzione di una comunicazione sana tra intestino e cervello, a discapito del funzionamento del microbiota.
Per scaricare lo stress o – ancora meglio – per evitare di accumularlo con strascichi negativi su tutto l’organismo, è molto utile praticare un moderato esercizio fisico, meditare o fare yoga, mantenere uno sguardo positivo sul mondo e sulla propria vita e cercare il più possibile di ridere (anche di sé, senza prendersi troppo sul serio) e adottare un’alimentazione sana.
La fisica quantistica offre una soluzione molto in voga per affrontare in maniera positiva il presente e il futuro che ci attendono. Basta visualizzare uno scenario di felicità in cui noi prosperiamo su tutti i livelli: nel lavoro, in famiglia, nell’amore ecc.
Igiene
Secondo alcune teorie, in presenza di standard igienici eccessivamente elevati, i bambini non sarebbero esposti a quantità e specie di microbi sufficienti per garantire il pieno sviluppo del loro ecosistema intestinale, il che rappresenta il primo passo verso la disbiosi.
Sarebbe bello potersi affidare al buon senso per stabilire quando si rischia l’eccesso d’igiene, ma qui i parametri variano a seconda di quanto sia alta la paura di ammalarsi e di esporsi alla contaminazione batterica.
E purtroppo oggi il clima di terrore (su tutti i fronti, malattie comprese) è surriscaldato dai media e dall’offerta sul mercato di prodotti per proteggersi da germi e batteri in ogni momento della giornata.
Riequilibra il tuo microbiota
Essendo il microbiota influenzato e formato da ciò che mangiamo, il primo passo per raggiungere l’equilibrio è regolare l’alimentazione; ma questo non è l’unico sistema.
Abbiamo a disposizione diversi strumenti per riequilibrare il microbiota.
Microrganismi
Il primo strumento è quello di selezionare nuovi microrganismi modificando il substrato nutritivo sul quale i microrganismi vivono.
Per fare ciò possiamo cambiare stile di vita e abitudini alimentari, oppure usare dei prebiotici, come abbiamo visto in quest’articolo.
I prebiotici sono sostanze organiche capaci di stimolare selettivamente la crescita e/o l’attività di batteri specifici, dipendenti da quel substrato. Presenti naturalmente negli alimenti o aggiunti a essi, in grado di sostenere il microbiota nel caso in cui manchino i nutrimenti necessari.
Si definisce prebiotico una sostanza che, nonostante sia presente nel cibo, non è utilizzata dall’organismo umano ma dal microbiota intestinale, favorendone lo sviluppo.
I prebiotici furono identificati dal ricercatore belga Marcel Roberfroid nel 1993. Sono per la grande maggioranza carboidrati, anche se il prebiotico di maggiore interesse è sicuramente l’inulina (contenuta in grandi quantità negli asparagi, nel topinambur e nella radice di cicoria).
Ceppi batterici
Il secondo strumento consiste nell’integrare i ceppi batterici mangiando cibi crudi, usufruendo in questa maniera di ceppi di batteri che normalmente ricoprono le strutture viventi come frutta e verdura.
Per molti ricercatori, infatti, sarebbe importante nutrirsi di prodotti biologici o coltivati secondo criteri il più possibile naturali, senza lavarli e senza cuocerli per poter sfruttare il microbiota che ricopre normalmente questi prodotti genuini.
Batteri e funghi colonizzano tutte le superfici delle strutture alimentari.
Gli stessi predatori arricchiscono il loro pasto con il microbiota delle loro prede; in natura basta mangiare per arricchire di nutrienti l’apparato digerente.
Noi umani, e con noi gli animali da compagnia e da allevamento, non abbiamo più questa capacità, a meno che non ricominciamo a fare scelte alimentari in sintonia con i bisogni fisiologici.
Con cottura e sterilizzazione, oltre ai presunti vantaggi, distruggiamo anche il microbiota superficiale dell’alimento e i benefici a esso connessi. Solo mantenendo una buona percentuale di alimentazione cruda, nel rispetto della natura, rinnoviamo tramite i pasti sia i prebiotici che i probiotici.
Il digiuno
Oltre ai probiotici e prebiotici esistono altri strumenti che possiamo adottare per ripristinare il nostro microbiota.
Uno di questi è il digiuno, considerato da millenni uno dei mezzi più potenti per il recupero della salute. È un metodo semplice e anche piacevole, ma prima di affrontarlo, è meglio studiare a fondo l’argomento e farsi seguire da un esperto.
Attualmente questa pratica è stata riscoperta anche dalla medicina convenzionale. Io stesso ne sono un sostenitore e diretto praticante. In questo contesto non parliamo del digiuno legato alla nostra fisiologia, ma in relazione al microbiota intestinale.
“Il digiuno è uno strumento tra i più efficaci per ripristinare il microbiota.”
Esso, mettendo l’apparato digerente a riposo, favorisce il completamento della digestione e anche il microbiota, non ricevendo più cibo dall’esterno, entra in stato di quiescenza.
Durante il digiuno costringiamo il microbiota intestinale ad adattarsi e a metabolizzare solo il materiale presente negli intestini, facendo pulizia. Successivamente esso entra in stato di attesa e possiamo riselezionarlo mediante un’alimentazione più accorta.
Un esempio di digiuno può essere quello di 24 ore, con il programma “No colazione, no pranzo”.
Ma anche in questo caso, occorrono competenza e attenzione nella gestione del digiuno: molte persone sono povere di “energie” e intossicate a un punto tale da esaurire in poco tempo le proprie riserve di vitamine, sali minerali, oligoelementi ecc., per cui la supervisione di un esperto o la preparazione tramite studio e lettura di testi specializzati si rende necessaria per trarre il massimo vantaggio da questa pratica.
Inedia
Vale la pena di sottolineare la fondamentale differenza tra digiuno e inedia (fame acuta): quest’ultima è la fase che sopraggiunge quando le riserve energetiche dell’organismo terminano.
Nessun digiuno volontario arriva a questo punto, s’interrompe molto ma molto prima.
Il digiuno è la prima fase dell’astensione dal cibo in cui l’organismo vive grazie alle proprie riserve, senza intaccare gli organi e le strutture fondamentali per la sopravvivenza.
Per questo motivo il digiuno è da considerarsi una vera e propria pratica per la salute e come tale non va sottovalutata. Se senti che potrebbe fare al caso tuo, informati studiando testi specifici sull’argomento oppure, ancora meglio, partecipa a un digiuno guidato.
Di solito i benefici di questo trattamento sono molteplici: perdita di peso, affinamento degli organi sensoriali, profondo stato di rilassatezza e tranquillità, potenziamento delle facoltà mentali.
La risposta del corpo a questa fase di disintossicazione è evidente: mestruazioni più scure e abbondanti, lingua patinosa e sapore cattivo in bocca, alito e sudore più pesanti, urine abbondanti, più scure, dense e odorose (diciamo così).
Tutti segnali positivi: indicano che il corpo sta espellendo le tossine!
Quanto tempo occorre per riselezionare il nostro microbiota?
Da alcuni studi si è scoperto che basta cambiare le abitudini alimentari per iniziare a migliorare la qualità del microbiota.
I primi cambiamenti si osservano già dalle prime 24/48 ore, ovviamente sono cambiamenti temporanei che andrebbero consolidati.
Per cambiamenti che possiamo definire strutturali servono almeno 21 giorni, questo è il tempo minimo per iniziare a consolidare una nuova struttura microbiotica.
Una volta che il microbiota si è ristabilizzato in relazione a nuove abitudini alimentari e di vita, questo nuovo stile va mantenuto per renderlo sempre più stabile e poter contare su un potente alleato per la nostra salute.
Quello che inizialmente sembra un sacrificio, può diventare con sorpresa un nuovo e piacevole stile di vita.
Per approfondire leggi il libro: “L’intestino Intelligente“.
Buonasera dottore, se è vero che la disbiosi (dovuta ad una cattiva alimentazione del nostro macrobiota e specialmente per carenza di cibi vegetali crudi) può generare problemi quali le allergie, come si spiega che nei paesi mediterranei viene sempre più frequentemente diagnosticata l’allergia alla LTP, una proteina vegetale che purtroppo genera risposte immunitarie fino allo shock anafilattico con il consumo di frutta, verdura, semi oleosi e cereali? Com’è possibile che il corpo umano sviluppi una tale risposta di rifiuto potenzialmente letale verso ciò che invece è generalmente fonte di salute? Le persone che sviluppano tale allergia (che parte generalmente con reazioni alle rosacee e si può estendere a pochi o tanti vegetali nel tempo) sono “contro natura”? dunque? Da aggiungere che tale allergia si sviluppa in persone che consumano abitualmente frutta e verdura e che improvvisamente , da piccoli o da adulti, cominciano ad avere vari problemi che vanno ben oltre delle coliche da intolleranza. Grazie per la sua attenzione e complimenti per il blog.